È uno dei pochi cimiteri napoleonici integri in Italia. Ma è anche, e soprattutto, l’unico cimitero napoleonico a pianta circolare che residua nell’Italia centrale e meridionale. La documentazione dell’Archivio storico comunale consente di ripercorrerne la storia, passo dopo passo.
La struttura
Il cimitero ha un diametro esterno di 16 metri. Si compone di due piani: uno, infossato, che era destinato alla funzione di cripta-ossario; l’altro, superiore, con otto cappelle gentilizie disposte a raggiera e con una cappella centrale ad uso delle messe. Il chiostro è dotato di quattro aperture a botola, attraverso le quali in passato erano fatti calare i cadaveri.
Il contesto storico
L’editto di Napoleone Bonaparte emanato nel 1804 a Saint-Cloud, in Francia, ed esteso nel 1806 al Regno d’Italia, dispose che i cadaveri si seppellissero fuori dai centri abitati, possibilmente in contesti ben arieggiati e soleggiati. I principî cardine dell’editto furono ripresi dalla successiva legislazione del Regno delle Due Sicilie, dove nel 1817, a Restaurazione borbonica già compiuta, si stabilì la costruzione dei cimiteri ovunque nell’Italia meridionale.
Le origini
Nel Municipio di Schiavi, antico nome di Fontechiari, il luogo dove realizzare il camposanto fu individuato nella località di S. Onofrio, in cui già esisteva - come illustra una relazione della prima metà dell’800 - un «Tumulo senza recinto di muraglia», che dista poco dal paese. Ed è qui che si pensa di realizzare una struttura semplice, di forma rettangolare. La carenza di fondi lascia, tuttavia, il disegno su carta per circa un ventennio.
La realizzazione circolare
Risale al 1837 l’ideazione della odierna pianta circolare, anche se il progetto definitivo è dell’anno successivo. A farsene carico in tutte e due le occasioni è Antonio Canini, un «esperto di fabbriche» di Schiavi, che dal marzo 1838 esegue i lavori. La realizzazione del complesso richiese una spesa di 138 ducati. Fu realizzato. Ma non aperto.
Quarant’anni dopo
Nel 1846 il vescovo di Sora, recatosi in visita ufficiale a Schiavi, rilevò che la cappellina del cimitero fosse priva dell’occorrente per celebrare la messa. Il Comune, quindi, nonostante non avesse fondi sufficienti, dovette sopperire all’assenza degli arredi sacri. Un anno più tardi il camposanto risulta finalmente inaugurato. Anche se le carte dell’epoca lamentano una lacuna: il quadro sacro per la cappella richiesto dal titolare della diocesi ancora non c’è.